Roberta R.
Un giorno di qualche mese fa, a casa di amici, mi fecero assaggiare per la prima volta il pane fatto con lievito madre e durante tutta la serata non si parlò d’altro che di questo tra mille curiosità e domande. Verso fine Adriana, la mia amica, mi chiese: “Ne vuoi un po’?”
In effetti era balzata in mente anche a me quest’idea, ma non avevo osato neppure proporla, poiché avevo capito immediatamente che stavamo parlando di un vero e proprio universo parallelo ed in molte cose alternativo e che un dono del genere presupponeva senso di responsabilità ed impegno nella conoscenza e nella gestione.
Sentendo per la prima volta termini come licoli e rinfresco non mi reputai neanche esattamente all’altezza della richiesta, ma poi la mia amica, carinissima, rispose con molta pazienza ad una valanga di domande. Ricordo che avrei quasi voluto prendere appunti sulle cose che mi spiegava mentre deponeva in un barattolino un pezzetto del suo Hulk. Mi parlò anche di un gruppo Facebook di appassionati della materia a cui lei era iscritta, suggerendomi di fare lo stesso.
A chi è estraneo a questo mondo sembrerà assurdo sentir parlare di responsabilità e risulterà abbastanza sconvolgente l’abitudine di “battezzare” la propria pasta madre, lo so.
Per la mia il primo nome che mi venne in mente fu “Blobbino”, termine affettuoso che richiamava l’aspetto dell’esserino sulla cui vita eravamo in tanti , io per prima, a non scommettere un centesimo.
Da quella serata rincasammo con “qualcuno” in più in famiglia, qualcuno con esigenze da soddisfare, con una propria vita, forse anche con un proprio umore (che poi capii essere meteoropatia!), non un asettico cubetto impacchettato, ma un essere vivente da accudire, anzi tanti diversi esserini che solo se in forma riescono a dare risultati sorprendenti.
Povero il mio Blobbino, non ebbe per nulla vita facile con me!
Esso subì ripetuti attentati involontari per rinfreschi sbagliati, farine cambiate improvvisamente o dimenticanze, ma a tutt’oggi resiste e fa il suo dovere.
Devo riconoscere che esso è più resistente di quanto pensassi e che non era “lui” il difficile, ma io a dovere imparare a conoscerlo e a riconoscere i suoi segni di vitalità o disagio.
Un grosso, grossissimo contributo in questo non posso che ascriverlo al gruppo per tutte le risorse che offre, per i file, i post e i vari commenti.
Ho iniziato ammirando le vostre realizzazioni e ho poi imparato, anche dagli errori degli altri, a conoscere questo mondo che fino a qualche settimana prima mi era del tutto sconosciuto.
Ho imparato soprattutto ad apprezzare in ogni persona, al di là di provenienza o traguardi e competenze raggiunti, la profonda passione e la generosità nel condividere le proprie conoscenze.
Questo fa sì che il gruppo sia un qualcosa di più di un insieme di semplici appassionati del settore e sia molto simile ad una grande famiglia virtuale (e neanche poi così tanto!) della quale sono fiera di far parte!
E ci può stare la giornata no di chi che si stizzisce per l’ennesima e a suo avviso banale domanda, o l’esistenza di un cugino alla lontana con cui proprio non si lega: tutto è normale e tutto riflette la vita, ma quello che conta è la passione comune per ciò che non è semplicemente acqua + farina + lieviti e batteri, ma un qualcosa di ben più immensamente grandioso.
E quando nel tentativo di spiegarti che la cera di una candelina della torta si sta sciogliendo accade che la tua bambina di quattro anni ti dice che “sì mamma, sta facendo… come la pasta madre!!! “, ecco che anche la giornata più cupa si tinge di rosa e non puoi fare a meno di riconoscere che pure questo mondo ci riserva conoscenze e lezioni d’amore davvero inaspettate.
Roberta Ribaudo
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